Revoca amministratore per negligenza: i presupposti normativi
La revoca per negligenza dell’amministratore di condominio è disciplinata dall’art. 1129 e dall’art. 1131 del Codice Civile, oltre che dall’art. 64 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile. La legge consente la sostituzione dell’amministratore in caso di gravi inadempienze, omissioni o comportamenti che compromettano la corretta gestione condominiale.
I condomini possono agire in due modi distinti: tramite revoca assembleare, oppure attraverso la revoca giudiziale, qualora ricorrano gravi irregolarità. L’inadempienza può riguardare tanto l’omesso adempimento degli obblighi previsti dalla legge quanto la violazione del mandato ricevuto dall’assemblea.
Le inadempienze gravi dell’amministratore possono includere, a titolo esemplificativo:
- l’omessa convocazione dell’assemblea annuale;
- la mancata apertura del conto corrente intestato al condominio;
- la mancata esecuzione delle delibere assembleari;
- l’inosservanza degli obblighi di trasparenza e rendicontazione;
- l’appropriazione indebita di fondi condominiali.
Tali omissioni configurano giusta causa per la revoca, anche immediata, da parte dell’assemblea o dell’autorità giudiziaria. È fondamentale che le irregolarità siano concrete, documentabili e reiterate.
Cosa fare se l’amministratore di condominio è inadempiente?
In presenza di un amministratore inadempiente, i condomini hanno il diritto e il dovere di attivarsi per tutelare il buon andamento della gestione condominiale. Il primo passo è sempre la convocazione di un’assemblea straordinaria, con all’ordine del giorno la revoca e la sostituzione dell’amministratore.
Qualora l’amministratore si rifiuti di convocare l’assemblea, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c., almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio possono procedere autonomamente, notificando l’avviso a tutti i partecipanti.
Nel corso dell’assemblea, la revoca per negligenza può essere deliberata con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 500 millesimi. È sufficiente indicare le motivazioni gravi che giustificano il venir meno della fiducia, come le mancate rendicontazioni o l’omessa gestione delle spese.
In alternativa, se l’assemblea non viene convocata o non raggiunge la maggioranza, anche un singolo condomino può agire in sede giudiziale, depositando un ricorso presso il Tribunale del luogo in cui si trova l’immobile. È importante allegare ogni prova utile: diffide, email, verbali, documentazione contabile non fornita, ecc.
Cosa fare se l’amministratore non adempie ai suoi doveri?
Quando l’amministratore non adempie ai suoi doveri, decade il presupposto fiduciario che giustifica la sua permanenza nell’incarico. Gli obblighi previsti dall’art. 1129 c.c. sono numerosi e vincolanti. Tra i principali, si ricordano:
- l’obbligo di attivarsi per l’esecuzione delle delibere assembleari;
- la redazione del rendiconto annuale completo di nota sintetica;
- la conservazione della documentazione condominiale;
- la gestione del fondo cassa, delle spese ordinarie e straordinarie;
- la stipula e il rinnovo delle polizze assicurative previste dall’assemblea.
La revoca dell’amministratore per inadempienza è giustificata anche da una sola omissione grave o reiterata. Ad esempio, la mancata presentazione del rendiconto per oltre un anno, la mancata esecuzione delle delibere, o l’inerzia nella gestione di emergenze.
Se l’amministratore ignora gli obblighi, il condominio si espone a rischi legali e finanziari. In tali casi, è sempre consigliabile agire in modo formale, raccogliendo prove delle inadempienze, chiedendo chiarimenti scritti, e sollecitando l’assemblea a intervenire.
Quali sono le gravi irregolarità di un amministratore di condominio?
Le gravi irregolarità che giustificano la revoca giudiziale dell’amministratore sono tassativamente indicate all’art. 1129, comma 11, c.c., e comprendono:
- mancata apertura e utilizzo del conto corrente condominiale;
- gestione opaca delle spese, con uso personale dei fondi comuni;
- mancata convocazione dell’assemblea annuale per l’approvazione del rendiconto;
- mancata esecuzione delle delibere assembleari;
- rifiuto di fornire ai condomini copia della documentazione;
- omissione nell’attivare interventi urgenti per la sicurezza dell’edificio.
A queste si aggiungono ulteriori gravi inadempienze che la giurisprudenza riconosce come giusta causa di revoca, tra cui l’omessa tutela degli interessi condominiali nei confronti di terzi (es. recupero crediti o contenziosi).
La revoca giudiziale dell’amministratore può essere chiesta da ciascun condomino interessato, con ricorso al Tribunale in composizione monocratica. Il giudice, accertati i fatti, pronuncia la cessazione del mandato e può nominare un amministratore provvisorio.
Quando l’amministratore di condominio è responsabile?
L’amministratore è responsabile delle proprie azioni sia in sede civile che penale, a seconda della natura delle violazioni commesse.
Responsabilità civile
L’art. 1218 c.c. sancisce che il debitore – in questo caso l’amministratore – è tenuto al risarcimento del danno per inadempimento del contratto. Se l’amministratore viola le obbligazioni derivanti dal mandato ricevuto, risponde per i danni patrimoniali cagionati al condominio o ai singoli condomini.
Responsabilità penale
Nei casi più gravi, la sua condotta può integrare fattispecie penalmente rilevanti, come:
- appropriazione indebita (art. 646 c.p.), se utilizza fondi condominiali per fini personali;
- falsità materiale (art. 476 c.p.), se presenta rendiconti alterati o documenti contraffatti;
- omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), in casi limite di inerzia o omissione dolosa.
Mala gestione
Il concetto di mala gestio indica una gestione complessivamente negligente, priva di trasparenza e contraria agli interessi del condominio. Anche in assenza di dolo, comportamenti imprudenti, inadeguati o ripetutamente omissivi sono sufficienti a fondare la revoca per negligenza e la denuncia dell’amministratore di condominio.
Revoca giudiziale e assembleare: effetti e differenze
Revoca assembleare
L’art. 1129, comma 11, c.c. consente all’assemblea di revocare l’amministratore in qualsiasi momento. Se la revoca avviene senza giusta causa, il condominio è tenuto a corrispondere il compenso per il periodo residuo del mandato. In caso contrario, se esiste una giusta causa documentabile, non è dovuta alcuna indennità.
Revoca giudiziale
La revoca giudiziale dell’amministratore comporta la risoluzione immediata del contratto di mandato. Il giudice, se ravvisa gravi irregolarità, dichiara l’amministratore decaduto. Tale provvedimento è esecutivo, e permette ai condomini di agire anche per ottenere un risarcimento dei danni, qualora vi siano conseguenze economiche negative per il condominio.
Sostituzione dell’amministratore dopo la revoca
Dopo la revoca per negligenza amministratore condominiale, l’assemblea è tenuta a nominare un nuovo amministratore, anche nel caso di cessazione giudiziale. L’art. 1129, comma 1, c.c. prevede che se l’edificio ha più di otto condomini, la nomina è obbligatoria.
È opportuno che la nuova nomina avvenga tempestivamente, per evitare il vuoto gestionale. L’amministratore revocato è tenuto alla restituzione della documentazione e alla consegna della contabilità entro un termine congruo. Il nuovo amministratore potrà valutare eventuali irregolarità pregresse e intraprendere azioni di responsabilità.
La revoca per negligenza dell’amministratore è una tutela fondamentale per il buon funzionamento del condominio. Quando si verificano gravi inadempienze, è diritto dei condomini agire in modo tempestivo, sia in assemblea sia per via giudiziale. È essenziale documentare con precisione le irregolarità, così da garantire una gestione trasparente e responsabile, e sostituire l’amministratore con un professionista qualificato.